Biodiversità ed emergenze floristiche nelle aree archeologiche romane
2006; Taylor & Francis; Volume: 61; Issue: 1 Linguagem: Italiano
10.1080/00837792.2006.10670797
ISSN2169-4060
AutoresSimona Ceschin, Giulia Caneva, Alma Kumbarić,
Tópico(s)Mycorrhizal Fungi and Plant Interactions
ResumoRiassunto Il presente studio analizza in dettaglio gli aspetti floristici delle principali aree archeologiche romane, di cui si evidenzia una particolare ricchezza in specie con il rinvenimento di 672 taxa, corrispondente ad oltre il 50% della flora spontanea rinvenuta per l'intera città di Roma. Tra le specie censite molte risultano di notevole interesse naturalistico in quanto non segnalate per la flora romana (Damasonium alisma subsp. alisma, Echiumparviflorum, Neatostema apulum, Orobanche picridis, Arenaria serpyllifolia, Gnaphalium luteo-album, G. sylvaticum, Oenanthe silaifolia var. media, Poa trivialis subsp. sylvicola, Cuscuta planiflora, Romulea columnae subsp. columnae, Stellaria cupaniana, Trifolium striatum subsp. tenuiflorum) o rarissime sia rispetto al contesto urbano (Polygonum aviculare, Antirrhinum siculum, Myagrum perfoliatum, Urticapilulifera etc.) che laziale (Parietaria lusitanica subsp. lusitanica, Trachelium caeruleum subsp. caeruleum). Alcune di queste inoltre rientrano nelle Liste Rosse Regionali della IUCN o risultano specie protette per il Lazio; questo sottolinea come le aree archeologiche romane rappresentano dei veri e propri siti di rifugio per molte specie che nelle altre aree della città trovano fortemente compromessa la loro nicchia ecologica. Lo spettro biologico evidenzia la dominanza della componente terofita (45%), seguita da quella emicriptofita (29,3%), in coerenza con le caratteristiche edafo-climatiche e il tipo di gestione che viene adottato in queste aree. L'analisi corologica conferma il ruolo importante giocato sia dal clima, nella prevalenza delle entità mediterranee (40,7%), che dall'impatto antropico, per l'alto contingente di specie ad ampia distribuzione (35,8%), soprattutto nelle aree archeologiche centrali. La componente esotica risulta comunque limitata (8,3%), dato che sottolinea l'importanza di tali aree nell'ambito urbano per la conservazione della flora spontanea autoctona.
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