Caterina Cornaro: una corte, una regina e la creazione di un mito
2014; Johns Hopkins University Press; Volume: 129; Issue: 3SS Linguagem: Italiano
10.1353/mln.2014.0038
ISSN1080-6598
Autores Tópico(s)Italian Literature and Culture
ResumoCaterina Cornaro:una corte, una regina e la creazione di un mito Daria Perocco (bio) [M]a quello che senza lacrime raccontar non si devria è che la signora Duchessa essa ancor è morta; e se l’animo mio ancor si turba per la perdita di tanti amici e signori miei, che m’hanno lasciato in questa vita come in una solitudine piena d’affanni, ragion è che molto più acerbamente senta il dolore della morte della signora Duchessa, che di tutti gli altri, perché essa molto più che tutti gli altri valeva, ed io ad essa molto più che a tutti gli altri era tenuto. (Castiglione 25) L’angosciosa ombra della morte, così come compare nella Lettera a Michel De Silva che precede il Cortegiano, permeerà di sé le pagine del dialogo di Castiglione, condizionando il “ritratto di pittura della corte di Urbino” (Castiglione 25), fino alla finale apparizione dell’ultima stella fugata dalle luci dell’alba, Lucifero. Quell’ombra non compariva negli Asolani, il dialogo sull’amore la cui struttura fornirà l’esempio per tutto il secolo ed in particolare per il Cortegiano, precedendolo (come data di stampa) di poco più di una ventina d’anni. Nel testo del Bembo, come in quello di Castiglione, il lettore viene ugualmente catapultato, dopo una iniziale excusatio giustificativa, in un mondo idilliaco ricco, parallelamente, di elementi fiabeschi e realistici che descrivono, come ancóra reale e possibile, una vita di corte splendente e ricca di grazia e raffinatezza. Centro e perno dei due mondi, che tanti elementi hanno in comune, due figure insieme reali e mitizzate di donna, la Duchessa e la Regina: Elisabetta Gonzaga e Caterina Cornaro. E la certezza dei confini cronologici, della fine prevista per ambedue le corti: quella di Asolo perché creata dalla Serenissima per una ben precisa persona e che con lei si sarebbe conclusa, quella di [End Page S35] Urbino perché la storia, quando Castiglione la descrive, ne ha già segnato il destino. Gli Asolani nascono da una descrizione della realtà della corte appena velata dalla discrezione sui nomi dei dialoganti, senza neppure un distacco cronologico: si parla di una realtà appena trascorsa (Dionisotti 20), dominata dalla presenza di un personaggio ben concreto: Caterina Cornaro. Figlia di una delle più ricche famiglie della nobiltà veneziana ed anche delle più antiche: i Cornaro dicevano di essere una delle quattro case “evangeliste” che insieme alle 12 “apostoliche” erano considerate le più nobili tra le “case vecchie.” Il ramo della famiglia cui apparteneva il padre di Caterina aveva avuto anche un doge (Marco: 1365–1368). Era stata sposata per procura, quattordicenne, a Giacomo II Lusignano, il figlio bastardo del re Giovanni che aveva spodestato la sorellastra Carlotta dal trono di Cipro. Il matrimonio era stato favorito per salvaguardare gli interessi della famiglia, che possedeva nell’isola numerose piantagioni di canna da zucchero ed era inoltre creditrice d’ingenti somme nei confronti del Tesoro regio, e ben visto dalla Serenissima. Era quasi diciottenne quando, nell’autunno del 1472 raggiunse Cipro per unirsi al marito. Giacomo II morì l’anno seguente, lasciandola in avanzato stato di gravidanza ed erede del regno insieme al nascituro. Il bambino, nato il 28 agosto, morirà un anno dopo. Caterina resterà regina di Cipro fino al febbraio del 1489, in un clima in cui le trame degli aspiranti al trono, le congiure e i pericoli e talvolta anche le uccisioni si moltiplicheranno fino a che la Serenissima non obbligherà Caterina a rinunciare al trono e a tornare a Venezia, dove le verrà concesso il possesso, fino alla sua morte, di Asolo di cui divenne “Domina,” conservando però anche il titolo di “rejna de Jerusalem Cypri et Armeniae” (come sempre si firmerà, e come verrà scritto sulla sua pietra tombale) ed una rendita annuale. Gli Asolani riflettono la realtà del luogo dell’esilio, dorato certo, ma sempre esilio, cui la Serenissima ha obbligato la sua “figlia adottiva” (questo era il titolo che Caterina aveva ricevuto fino dal momento della formalizzazione della promessa di nozze con Giacomo Lusignano); lì, per colei che, per diciassette anni era, bene o male, stata centro degli intrighi di un regno complicato come quello di Cipro, tutti i giochi politici erano già stati fatti. Alla...
Referência(s)