Artigo Revisado por pares

Bilder des Irdischen Paradieses im (französischen) Mittelalter und bei Dante

2008; De Gruyter; Volume: 83; Issue: 1 Linguagem: Italiano

10.1515/dante-2008-0106

ISSN

2194-4059

Autores

Friedrich Wolfzettel,

Tópico(s)

Renaissance and Early Modern Studies

Resumo

Riassunto La nozione di un paradiso terrestre costituisce un archetipo collettivo e non è limitato alla tradizione biblica e medievale; ma soltanto nel Medio Evo il motivo accenna alle origini perdute e ad un futuro eterno; e inoltre partecipa a entrambe le sfere di un mondo invisibile e di un luogo visibile e localizzabile. Un viaggio al paradiso terrestre diviene dunque possibile, e numerosi sono gli esempi di tali viaggi non solo nella letteratura religiosa, ma anche nella letteratura epica, romanzesca e allegorica, nonché nella letteratura di viaggio, sebbene pare opportuno fare una distinzione fra la visione reale e la trasposizione metaforica. Ma il paradiso terrestre descritto da Dante alla fine del Purgatorio (XXVII-XXXIII), invece di presentare una semplice sintesi di questa lunga tradizione, colpisce per il distacco dalla tradizione e i suoi tratti non convenzionali. Prima che Beatrice stabilisca il nesso del messaggio teologico collegando il paradiso terrestre con il paradiso, Dante riesce difatti a suggerire uno spazio intermedio pieno di connotazioni antiche. L’enigmatica Matelda, rappresentante del paradiso, prefigura Beatrice, ma allo stesso tempo è l’incarnazione più alta di una bellezza autonoma; cogliendo fiori, cantando e danzando, ci ricorda per un momento che il Purgatorio, collocato alla cima di un monte, è anche una specie di Parnaso delle muse, cosicché questo paradiso terrestre diventa quasi il simbolo della poesia perfetta.

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