Artigo Revisado por pares

La vesta, ch’al gran dì sarà sì chiara: Dante, Michelangelo und das Jüngste Gericht

2018; De Gruyter; Volume: 93; Issue: 1 Linguagem: Italiano

10.1515/dante-2018-0002

ISSN

2194-4059

Autores

Christine Ott,

Tópico(s)

Byzantine Studies and History

Resumo

Riassunto Dopo un’introduzione al dibattito medievale sul giudizio universale e la risurrezione dei corpi, il contributo analizza l’immaginario della »vesta« all’interno della concezione dantesca della risurrezione. Sebbene l’ammonizione di Catone, che in Purg . II esorta le anime a »spogliarsi« di un involucro ingombrante, sembri propagare una condanna del corpo come fonte di peccato, la concezione dantesca vede la felicità ultraterrena (e risurrezionale) in una riunione di corpo e anima, la »doppia vesta« di Par . XXV. Anche in Michelangelo si incontra spesso l’immaginario del vestito o della pelle come simboli di una condizione peccaminosa di cui l’uomo deve »spogliarsi« per accedere alla felicità ultraterrena. La pelle del peccatore ha trovato una concretizzazione pittorica impressionante nel celebre autoritratto che Michelangelo ha nascosto nella pelle di san Bartolomeo, nel Giudizio universale della Sistina. Impossibile decidere se essa raffiguri l’involucro dell’uomo »vecchio«, che va eliminato per accedere alla via eterna, oppure un qualcosa che »va salvato«. Altrettanto impossibile dire se l’artista volesse esprimere una sorta di auto-condanna oppure la speranza di poter risorgere lasciando dietro di sé la propria natura di peccatore. Nella lirica michelangiolesca il discorso non è affatto più semplice. Accanto alle liriche improntate a un dualismo neoplatonico di anima e corpo, vi sono altre che trattano la tematica della risurrezione in maniera frivola, concettistica, celebrando la bellezza di un giovane amato, che anche dopo la morte dovrà risorgere tale quale e che darà conforto alle altre anime – in paradiso oppure in inferno. Il tono spirituale e quello amoroso possono anche essere intimamente connessi, come si mostrerà infine in base al sonetto D’altrui pietoso . In questo testo segnato da reminiscenze dantesche e petrarchesche, un’io lirico esprime il desiderio di lasciare la propria pelle per rivestirne l’amato – che a sua volte appare contemporaneamente come essere terreno e come figura di Dio.

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