Tasso, Virgilio e il "sanguinoso manto" di Goffredo: intertestualità e riscrittura nella Gerusalemme liberata
2019; Johns Hopkins University Press; Volume: 134; Issue: S Linguagem: Italiano
10.1353/mln.2019.0070
ISSN1080-6598
Autores Tópico(s)Italian Fascism and Post-war Society
ResumoTasso, Virgilio e il "sanguinoso manto" di Goffredo:intertestualità e riscrittura nella Gerusalemme liberata Laura Benedetti (bio) "[L']Eneide del Cristianesimo": così viene definita la Gerusalemme liberata da Vincenzo Vivaldi, i cui lavori sulle fonti del poema rimangono il tentativo più coerente di scandagliare la ricca ispirazione della poesia tassiana.1 Il critico passa puntualmente in rassegna situazioni e suggestioni virgiliane, come il comportamento dei cristiani "neghittosi" a Tortosa, affine a quello dei Troiani a Cartagine;2 la descrizione della notte che conclude il secondo canto del poema tassiano, "quasi tradotta dal IV dell'Eneide";3 il triplice riecheggiare del nome di Gerusalemme sulle labbra dei Crociati euforici e commossi, ricordo dell'anafora che segna l'apparizione dell' "umile Italia";4 l'assedio della città sacra, mo dellato su quelli del nono e dell'undicesimo libro del poema virgiliano; e moltissimi altri casi in cui il poeta latino fornisce spunti e locuzioni.5 Il parallelo tra i due poemi, del resto, è suggerito fin dal primo verso della Liberata ("Canto l'armi pietose e 'l capitano"), esibito tributo che non solo parafrasa l'incipit dell'Eneide ma in un certo [End Page S-239] senso lo intensifica attraverso l'estensione dell'appellativo di "pietoso" all'intero esercito cristiano. Evidente, in questo primo verso, come centrale nell'emulazione dell'Eneide sia proprio la caratterizzazione di Goffredo, chiamato a rivivere alcune delle avventure e disavventure di Enea, dal ferimento alla gamba (GL 11 e Eneide 12) al discorso di esortazione all'esercito (GL 19 e Eneide 11). Sorprende, dunque, che il comportamento del capitano cristiano si discosti da quello del suo corrispettivo virgiliano in una circostanza altamente significativa quale quella dell'epilogo della Liberata. Al termine di una giornata di cruenti combattimenti, Goffredo può finalmente adorare il sepolcro: Cosí vince Goffredo, ed a lui tantoavanza ancor de la diurna lucech'a la città già liberata, al santoostel di Cristo i vincitor conduce.Né pur deposto il sanguinoso manto,viene al tempio con gli altri il sommo duce;e qui l'arme sospende, e qui devotoil gran Sepolcro adora e scioglie il voto (GL 20.144). Si tratta, evidentemente, di un trionfo non privo di macchie non solo metaforiche ma letterali, con il "sanguinoso manto" del capitano che introduce un cromatismo dissonante in quello che, nel quadro di riferimento storico e culturale del poema, dovrebbe costituire il limpido trionfo delle forze del bene. Il paragone con il comportamento di Enea in una simile circostanza è rivelatore. In fuga da Troia in fiamme, l'eroe virgiliano delega ad Anchise il compito di portare i Penati in quanto sarebbe sacrilego per lui toccarli prima di purificarsi dei segni della battaglia e della strage: Tu, genitor, cape sacra manu patriosque penatis;me, bello e tanto digressum et caede recenti,attrectare nefas, donec me flumine vivoabluero. (Tu, o padre, prendi i sacri arredi e i patriiPenati; io non posso toccarli appena uscito da talelotta e strage, finché non mi mondia una viva sorgente).6 Goffredo conclude dunque il suo pellegrinaggio con un'azione che il confronto col modello virgiliano stigmatizza come empia, né è da escludere la suggestione di un altro precedente classico, quello di [End Page S-240] Ettore che, in una pausa dei combattimenti, ribatte alla madre che lo invita a libagioni in onore degli dèi ricordandole come non sia lecito avvicinarsi alla divinità con le mani contaminate dalla battaglia: non oso libare a Zeus il vino lucentecon mani impure; il dio dalle nuvole nerenon è lecito pregarlo sporchi di sangue e di fango.7 Un'ulteriore conferma della rilevanza dello scarto tassiano dai modelli classici viene dal resoconto della prima Crociata di Guglielmo di Tiro, la fonte storica prediletta dall'autore. Gli atti di violenza commessi dai cristiani a danno degli abitanti di Gerusalemme sono qui descritti con dovizia di particolari ma significativa è anche l'enfasi posta sul pentimento e sulla devozione dei Crociati, simboleggiati dal nitore del corpo e delle vesti: armis depositis, in spiritu humilitatis et in animo vere contrito, nudis vestigiis, lotis manibus et sumptis mundioribus indumentis, cum gemitu et lacrimis loca venerabilia, que Salvator propria voluit illustrare et sanctificare presentia, ceperunt cum omni...
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