Artigo Revisado por pares

The Intellectual Education of the Italian Renaissance Artist

2022; American Association of Teachers of Italian; Volume: 99; Issue: 4 Linguagem: Italiano

10.5406/23256672.99.4.14

ISSN

2325-6672

Autores

Pantalea Mazzitello,

Tópico(s)

Renaissance and Early Modern Studies

Resumo

Lo spettatore attento che si trovi davanti agli affreschi di Santa Maria Novella potrà distinguere da sé alcuni degli elementi più noti della simbologia cristiana medievale negli affreschi fiorentini e—con l'aiuto di qualche sapiente guida—gli elementi meno noti, come i riferimenti ai personaggi della Firenze al tempo dell'artista, le questioni politiche che hanno determinato la scelta di un volto della famiglia Medici piuttosto che un altro, l'occasione per la commissione, il significato politico attuale dietro la metafora eterna degli eventi biblici e quelle rielaborazioni del mito in chiave religiosa rese possibili dall'allegoria. Immaginiamo questo spettatore attento come un gruppo di studenti americani di storia dell'arte in visita a Firenze. Agli studenti sono state introdotte le principali dinamiche storiche tra la fine del Medioevo e il Rinascimento. Hanno imparato che l'artista—il pittore, lo scultore, l'architetto—faceva parte o era a capo di una sua bottega a cui le famiglie potenti, i mecenati, gli ordini monastici o le autorità clericali commissionavano l'affresco di una cappella, una scultura da porre sulla facciata di un palazzo, un dipinto celebrativo. Gli artisti erano pagati in forma di rimborso spese per il costo dei materiali, delle persone e del tempo impiegati. L'artista nel Cinquecento è ancora un artigiano sulla carta, anche se partecipa della vita intellettuale e—in alcuni casi—è un intellettuale lui stesso. Ma se di personalità come Leonardo, Alberti o Vasari conosciamo la biblioteca, gli scritti e i trattati che tutto o molto ci dicono sulla loro istruzione, qual era la formazione media degli artisti del Rinascimento italiano? Gli studenti si potrebbero chiedere quanto ci sia di loro nella progettazione di queste opere visive dalla così complessa stratigrafia di significati, se l'intero programma artistico fosse già definito dal committente o affidato a un mediatore—una sorta di tutor culturale in grado di rappresentare le indicazioni del committente all'interno un progetto figurativo che poi “l'artigiano” avrebbe trasformato in realtà—oppure se gli artisti potessero contare su una personale preparazione culturale, di estensione variabile. Per il fanciullo che si apprestava a iniziare il suo percorso in una bottega, qual era la prospettiva formativa nella Firenze di quegli anni? Quali possibilità presentava il contesto educativo, quali materiali erano accessibili, quali risorse—anche umane—da cui potere attingere? Il libro di Angela Dressen offre molte risposte a questo gruppo di studenti e con loro a tutti gli spettatori attenti. Il volume non parla solo di Firenze, ma Firenze è il terreno principale delle indagini condotte e il loro limite temporale è posto tra il 1450 e il 1550.Il volume si apre con questioni di metodo e definizioni per inquadrare alcuni dei termini guida, come artista e literato. Il primo capitolo presenta quindi il dibattito dell'originale distinzione tra arti meccaniche e arti liberali, e la diversa formazione—appunto—tra artisti e literati. Lo stato della questione è ricostruito partendo dall'Etica Nicomachea di Aristotele e attraverso tre autori medievali—Ugo di San Vittore (Didascalion), Vincent de Beauvais (Speculum doctrinale) e Tommaso d'Aquino (Summa theologiae)—per arrivare a umanisti come Lorenzo Valla e Angelo Poliziano. Già Vitruvio e Plinio ragionavano sulla necessità che l'artista dovesse ricevere alcune nozioni di base nelle arti liberali e Leon Battista Alberti (De pictura), Lorenzo Ghiberti (Commentarii) e Leonardo (Libro di pittura) partono da questa tradizione per delineare la formazione ideale dell'artista del loro tempo. D'altronde—spiega Dressen—si assiste all'ascesa delle arti visive e della conseguente percezione del prestigio sociale dell'artista, come testimoniato dall'inclusione di pittori nelle liste dei fiorentini famosi di Giovanni Villani e dagli artisti raccolti e raccontati da Giorgio Vasari.Il secondo capitolo tratta dei luoghi adibiti alla formazione scolastica dei fanciulli prima di entrare in bottega e alle opportunità educative a cui gli artisti potevano accedere successivamente da adulti. Sono ricercati qui i percorsi di educazione privata e pubblica, con particolare attenzione per quest'ultima, oggetto di crescente interesse nella Firenze medicea. L'autrice descrive lo stato e la funzione della scuola elementare, delle scuole di grammatica latina di base, delle scuole di abaco, e perché tutte queste fossero sempre di più ritenute importanti per i futuri artisti alle prime armi. Questo panorama educativo, come detto, tiene conto anche delle occasioni in cui gli adulti potevano continuare la loro formazione assistendo, nella fattispecie, a delle lezioni orali tenute in spazi pubblici o privati e dedicate alla formazione intellettuale degli artisti e non solo. È quello che l'autrice chiama un praticantato orale e ne fornisce un'appendice a fine volume in cui elenca le lezioni orali di cui è rimasta traccia, specificandone—dove possibile—l'argomento o l'autore trattato, il nome del lettore e il luogo. Si va dalle lezioni private tenute da Cristoforo Landino nello Studio fiorentino sull'Eneide, a quelle pubbliche tenute giornalmente da maestri di scuola ai piedi del campanile di San Marco a Venezia su Petrarca e altri autori.Nel terzo capitolo il lettore trova un lavoro minuzioso di ricerca delle fonti e delle opere a cui gli artisti potevano attingere direttamente. È un capitolo di particolare interesse bibliofilo per la ricostruzione delle vicende editoriali dei testi classici più letti, citati, commentati e re-interpretati durante il Rinascimento, come Esopo, Ovidio, Virgilio, Lucano, Apuleio, Lucrezio. Dalle opere di questi autori l'artista poteva trarre elementi e ispirazione a seconda dei diversi strumenti di lettura e conoscenza. Si parla qui—ovviamente—dei volgarizzamenti come della prima chiave di accesso ai testi classici, ma anche di altri testi di mediazione. Tra questi, hanno avuto grande fortuna i commentari, soprattutto quando già pensati per gli artisti, come i sopra citati Commentarii del Ghiberti. Questo studio consente di individuare quelle opere per cui l'artista deve avere avuto sotto gli occhi un commentario—e quale nello specifico—anziché il testo originale anche quando già volgarizzato (un esempio per tutti, la Calunnia di Botticelli). Ai commentari fanno seguito altre forme di mediazione: i classici moralizzati (come le Metamorfosi), le opere religiose moralizzanti (come Vite dei Santi Padri, o Fior di Virtù), i testi medioevali e rinascimentali che trattando di mitologia, filosofia e teologia antica ne trasmettono anche le nozioni (come il Convivio, o la Genealogia). Delle editio princeps di queste opere in latino e dei successivi commenti, così come le prime edizioni dei loro volgarizzamenti, viene fornito l'elenco in una seconda appendice. Il quarto e ultimo capitolo è tutto dedicato, infine, all'opera di Plinio e Vitruvio come le uniche più importanti fonti antiche per l'arte e l'architettura nel corso del secolo.Se la quantità di informazioni qui elencate lascia anticipare il carattere senz'altro didattico del volume, questo non vuole giocare a suo sfavore. Dressen fornisce al lettore tutti i riferimenti storici, culturali e letterari di cui ha bisogno per procedere nella lettura. La platea del suo pubblico non è riservata ai soli studiosi del settore, ma—al contrario—fa spazio per tutti gli spettatori attenti.

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