Caccia ai beni degli ebrei in una cittadina di provincia: il caso di Empoli (Firenze)
2023; FrancoAngeli; Issue: 172 Linguagem: Italiano
10.3280/su2022-172007
ISSN1972-5523
Autores Tópico(s)Italian Fascism and Post-war Society
Resumo«n° 1316 cappotti e n° 323 impermeabili confezionati con stoffa fornita dalla Ditta Ebraica G. Spizzichino & C. di Roma, ora Magazzini S. Carlo» giacciono in attesa di sequestro nei magazzini della ditta Scardigli di Empoli, segnala con puntigliosità la prefettura di Firenze il 24 gennaio del 1944. Il 7 febbraio dello stesso anno furono se questrati i beni di un'altra ditta empolese, di cui risulta socio un ebreo di Roma. Il 16 dicembre 1943 si erano invece racchiusi in una cassa di legno tutti i beni di Vittorio Misul, uno dei pochissimi ebrei presenti a Empoli durante la seconda guerra mondiale. Una comunità ebraica a Empoli non esisteva più da molti secoli, da quando cioè, nel 1570, si era istituito il ghetto a Firenze e al momento dell'entrata in vigore delle leggi antiebraiche del 1938 vi erano soltanto due famiglie ebree: quella di Umberto Foà, operaio, e quella di Leonardo Lusena, generale dell'esercito in pensione e membro del direttorio del locale Fascio. Eppure la presenza a Firenze di un unicum nel panorama italiano, ovvero l'Ufficio Affari Ebraici guidato fin dal 21 dicembre 1943 dalle rapaci mani del commissario prefettizio Martelloni, fece sì che ogni angolo della provincia fiorentina venisse indagato alla ricerca di beni ebraici, in collaborazione e talvolta in contrasto con le varie realtà preposte alla persecuzione antiebraica: le forze di occupazione, i carabinieri, la polizia, la GNR, il reparto di Mario Carità, il Sicherheitsdienst tedesco.
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