NICEA E IL BATTESIMO
2024; Volume: 15; Issue: 37 Linguagem: Italiano
10.25247/paralellus.2024.v15n37.p553-603
ISSN2178-8162
Autores Tópico(s)Religious, Philosophical, and Educational Studies
ResumoNel Concilio di Nicea, tra i venti canoni che vennero redatti, due fecero riferimento al battesimo, emerge che esso dà molta importanza al periodo di formazione dei battezzandi ed alla corretta fede nelle tre Persone della trinità. Il Concilio, tuttavia, non fornisce indicazioni sulla teologia battesimale e sulla corretta prassi di esecuzione. Domande quali: è lecito battezzare i bambini? Oppure con quale modalità (immersione, aspersione, effusione)? Non trovano nessuna risposta. Eppure dall’analisi di alcune fonti (Didachè, Lettera di Barnaba, Pastore di Erma, Giustino il Martire, Tertulliano, Ippolito di Roma, Origene, Sinodo di Elvira 306 d.C., Sinodo di Neo-Cesarea 314 d.C.) emerge chiaramente che tali questioni erano già state affrontate. La riforma protestante mantenne il pedobattesimo (anche se con varie interpretazioni), tuttavia incontrò la dissidenza degli Anabattisti che sostenevano invece la prassi del battesimo di coloro che consapevolmente accettavano la salvezza in Gesù Cristo. Quest’ultimi consideravano il battesimo come una decisione individuale legata alla fede personale e alla rigenerazione interiore dell’individuo ad opera dello Spirito Santo. L’interpretazione biblica giustificò la ripetizione del battesimo o la sua somministrazione in età adulta, indicando così un atto consapevole di inclusione nella comunità religiosa. La critica al pedobattesimo riprese con vigore a partire dal secolo XVII con le denominazioni Battiste e più tardi con quelle Avventiste, Pentecostali ed Assemblee dei Fratelli. Dopo una ricostruzione storica, di quanto appena detto, sarebbe interessante rispondere ad alcune domande: perché il Concilio non si è pronunciato sulla corretta teologia e prassi battesimale? È stata questa omissione che ha causato le difficoltà arrivate successivamente?
Referência(s)